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admin

Ibl Banca andrà in Borsa a novembre

4 Novembre 2015 di admin

Il gruppo, specializzato in piccoli prestiti a dipendenti e pensionati attraverso la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, è arrivato a un punto di svolta, un’occasione ghiotta per coloro che giocano in Borsa.

Secondo Mario Giordano, amministratore delegato e uno dei principali azionisti di Ibl Banca, presto partirà il road show di presentazione dell’offerta pubblica delle azioni, con varie tappe: Milano, Londra, New York, Boston, Francoforte, Parigi infine la Svizzera».

Si prevede che a novembre avvenga la quotazione in Borsa di Ibl Banca. Nei prossimi giorni arriverà il via libera di Consob al prospetto informativo. Il gruppo, specializzato in piccoli prestiti a dipendenti e pensionati attraverso la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, è arrivato a un punto di svolta, secondo Mario Giordano, amministratore delegato e uno dei principali azionisti di Ibl Banca.

C’è una ripartenza non solo dei mutui, ma anche dei piccoli prestiti. Cambiano anche le motivazioni sulla richiesta di un finanziamento. Il fatto che fin o a poco tempo fa venivano chiesti finanziamenti per aiutare il figlio disoccupato o per pagare gli studi ai nipoti e oggi in molti richiedono credito per acquistare auto, mobili, elettrodomestici o per ristrutturare casa, sta ad indicare che c’è una ripresa dei consumi. Sembra perciò che qualcosa si stia muovendo. Andranno in Borsa almeno il 35% del capitale, più la greenshoe, l’opzione di acquisto di azioni riservata alle banche collocatrici. Come soci principali resteranno la società Deltasei e la famiglia d’Amelio con la holding Sant’Anna. Insieme sigleranno un patto di sindacato per controllare una quota di poco superiore al 60%.

Con l’ingresso in Borsa si ha così l’opportunità per crescere, rafforzare il patrimonio. Il gruppo ha una storia lunga oltre 80 anni, è nato nel 1927 e ora si apre un nuovo ciclo. Se ci dovesse essere un’offerta dall’estero, l’idea son sarebbe male, ma sarà valutata nell’interesse di tutti gli azionisti. Però non c’è l’intenzione di cedere il gruppo, ma continuare a crescere valutando anche possibili acquisizioni. Per esempio società specialiste nella cessione del quinto, controllate da banche che hanno già stock di credito e possano garantire una buona distribuzione del servizio.

Ibl è già al primo posto nella cessione del quinto, secondo la classifica di Assofin, con una quota di mercato del 13%. Ma si prevede di prendere un’altra fetta di mercato pari al 5-6%, attraverso acquisizioni o beneficiando del riassetto dei concorrenti. Ci sono stati operatori che hanno tenuto comportamenti poco trasparenti con i loro clienti e in alcuni casi hanno rasentato la truffa. La riforma di Banca d’Italia va considerata anche come una operazione di pulizia. Con le nuove regole Bankitalia vuole fare selezione ed eliminare gli operatori non conformi e quelli che usano comportamenti aggressivi con i clienti. Un errore è stato fatto anche da molte banche che offrivano la cessione del quinto dello stipendio ma appaltando questo servizio a soggetti terzi poco trasparenti col risultato che poi non controllavano più l’attività di prestito e riscossione dei crediti. Sono stati fatti accordi con Banche quali Barclays, il Credito Valtellinese e la Banca del Fucino e nei prossimi mesi si potrebbero siglare intese con altre 2-3 banche.

I primi sei mesi del 2015 sono stati chiusi con un utile netto di 30,1 milioni, in crescita del 3% rispetto a un anno fa. La raccolta da clientela è stata circa 1,3 miliardi, in linea con l’anno scorso. E’ cresciuta anche la raccolta della banca online: 17mila clienti con depositi in media di circa 70 mila euro.
Nel 2009 sono stati comprati 31 negozi finanziari. Sono partiti con 40 dipendenti oggi sono a quota 500, con 18 filiali in tutta Italia.

Archiviato in:News Contrassegnato con: Borsa, IBL

Borsa virtuale: a che serve?

3 Novembre 2015 di admin

Molti di coloro che cominciano, per la prima volta, a occuparsi di borsa online cercano strumenti di Borsa virtuale. Il problema sta nel fatto che alcuni aspiranti trader, di fatto, non sanno nemmeno cosa sia la Borsa virtuale. Probabilmente per cominciare sarebbe opportuno avere le idee chiare a riguardo, ad esempio consultando https://www.mercati24.com/borsa-virtuale-guida/ che è il punto di riferimento per tutti coloro che vogliono tradare la borsa virtuale in Italia.

Simulazione Borsa

Ma che cosa significa, nei fatti, fare trading sulla Borsa virtuale? Significa fare una simulazione di Borsa. Una buona simulazione deve riprodurre, in tutto e per tutto, il funzionamento di una normale piattaforma di trading online in Borsa con l’unica differenza che il rischio deve essere rigorosamente zero. In pratica fare una simulazione di Borsa significa investire in Borsa soldi virtuali: non ci sono nè perdite nè profitti perché i soldi sono sempre e comunque virtuali.

Il miglior modo per fare una simulazione di Borsa è utilizzare uno dei broker per fare trading online che normalmente si adoperano. Tutti i migliori broker mettono a disposizione, in modo completamente gratuito, la possibilità di fare trading in Borsa in maniera virtuale. Il vantaggio di usare i broker è grande: in questo caso infatti non solo si impara a operare in Borsa ma si prende anche confidenza con lo strumento che si utilizzerà poi per fare trading con soldi veri.

Borsa virtuale gratis

C’è anche un altro vantaggio ad utilizzare i conti demo messi a disposizione dai broker per fare simulazione di Borsa: sono completamente gratuiti, senza sorprese. In alcuni casi può essere richiesto fare un deposito prima di accedere alla simulazione: questo serve ad evitare che accedano al sistema semplici curiosi, persone che vogliono semplicemente giochicchiare ma che non hanno alcun tipo di interesse reale a fare trading sulla Borsa. Detto questo, dobbiamo anche aggiungere che fare un deposito su un broker regolamentato CONSOB non è mai da intendersi come un pagamento, visto che i soldi depositati possono essere ritirati in ogni momento, senza nessun tipo di complicazione.
La maggior parte dei broker per fare trading in Borsa, comunque, non impone questo tipo di limitazione e garantisce la possibilità di accedere alla Borsa virtuale a tutti coloro che hanno un conto, anche coloro che non hanno depositato nulla. eToro ad esempio mette a disposizione il conto Demo gratuito.

Gioco borsa virtuale

Ma a chi serve la Borsa virtuale? A chi vuole giocare? Assolutamente no. Anche se si dice comunemente giocare in Borsa sappiamo bene che la Borsa non è affatto un gioco: la Borsa è una cosa seria, per guadagnare con la Borsa bisogna agire con intelligenza e concentrazione. Chi inizia con la simulazione deve tenerlo sempre in conto: se inizia a considerare la Borsa come una sorta di gioco, poi non sarà in grado di operare con soldi veri, quando rischierà di perdere denaro in caso di errore. Ecco perché non dobbiamo mai considerare la Borsa Virtaule come una specie di Fanta Trade. Se vuoi fare Fanta Trade molto meglio che tu vada a giocare al FantaCalcio, la Borsa non fa per te.

Conclusioni

Utilizzare un’applicazione per la simulazione di Borsa, in modo opportuno, è un’idea molto intelligente per ottenere migliori risultati senza grandi sforzi quando poi si comincia ad operare con denaro reale.

Attenzione alle false applicazioni, alle truffe e non credere mai a chi dice che la Borsa è un gioco: non è difficile ma ci vuole sempre almeno un minimo di impegno!

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Poste in borsa – Il debutto a piazza a Piazza Affari

30 Ottobre 2015 di admin

Il Tesoro incasserà quasi 3,4 miliardi di euro, destinati alla riduzione del debito. E’ una delle più importanti quotazioni dell’anno. Il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha aggiunto che è un’operazione che conferma la fiducia dei mercati nel Paese. Dimostra che l’Italia ha forti capacità manageriali e imprenditoriali. Adesso avanti con Enav ed Fs”. Il debutto in Borsa è atteso per il 27 ottobre.

Padoan: “Le risorse andranno a riduzione del debito. I mercati hanno fiducia nell’Italia, adesso avanti con la privatizzazione di Fs ed Enav”. Orfini (Pd): “Meglio spenderli per investimenti”. Caio: “Siamo molto soddisfatti”. Il 27 ottobre il debutto a Piazza Affari.

Il Ministro afferma di avere delle perplessità sulla destinazione delle risorse. Egli sostiene “abbiamo un debito pubblico di circa duemila miliardi e tre miliardi di riduzione una tantum sono una goccia nel mare, uno spreco”. Orfini ritiene che sarebbe meglio che fossero destinati agli investimenti.

Con questo prezzo la capitalizzazione di Poste ammonta a 8,8 miliardi
, mentre la domanda di titoli si è attestata a 3,3 volte l’offerta globale considerando tutto il range ristretto di 6,5-6,75 euro indicato dal consorzio dei collocatori. Il collocamento istituzionale, che riguarda 317,1 milioni di titoli pari al 70% del totale, è stato coperto 3,6 volte mentre la parte rivolta al pubblico indistinto (135,9 milioni di azioni) ha ricevuto un ammontare di ordini pari a 2,85 volte.

Come emerso nel corso del collocamento, le prenotazioni sono arrivate da investitori istituzionali italiani e esteri di alta qualità comprendenti anche fondi sovrani e grandi gestori internazionali. Prima dell’avvio dell’operazione, il ministero aveva annunciato l’intenzione di perseguire una politica dei dividendi nel prossimo biennio, 2015-16, pari ad “almeno l’80%” dell’utile netto consolidato: sulla base delle stime degli analisti e del probabile prezzo di collocamento, il dividend yield supererebbe il 4,5%.

L’amministratore delegato di Poste si è dimostrato molto soddisfatto. Francesco Caio ha affermato che il prezzo lo fa il mercato e il mercato ha sempre ragione. “Abbiamo fatto un bel lavoro, siamo molto contenti perché abbiamo portato l’Italia in giro per il mondo”. Gli investitori istituzionali che hanno aderito all’offerta di Poste italiane “sono di altissima qualità sia per tipologia che per provenienza geografica” ha poi aggiunto il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via, mentre il capo delle segreteria tecnica Fabrizio Pagani ha detto: “Abbiamo tutta la tipologia di investitori”.

“Uno degli aspetti più interessanti di questa operazione è stato il gioco di squadra dell’intero sistema paese, dalle varie autorità coinvolte fino all’azionista e, ovviamente, alla società. E questo è stato suggellato dal forte apprezzamento da parte degli investitori sia italiani che internazionali che si sono dimostrati fin da subito entusiasti del management e della proposta di investimento. È stato un onore e un piacere aver potuto accompagnare la società lungo tutto questo percorso che, ne sono convinto, sarà storico per l’Italia”. E’ quanto ha commentato Luigi Labbate, responsabile equity advisory per l’Italia di Rothschild, advisor di Poste nel processo di privatizzazione.

Archiviato in:News Contrassegnato con: Poste

I colossi dell’alta tecnologia americana battono le attese di bilancio

30 Ottobre 2015 di admin

Utili oltre le attese per tre big americane dell’hitech, Alphabet, la holding a cui fa capo Google, chiude il terzo trimestre con un utile netto e ricavi in aumento, annunciando allo stesso tempo un piano di riacquisto di azioni proprie da 5,1 miliardi di dollari. Amazon torna a sorpresa in nero, mentre l’utile di Microsoft balza grazie al cloud.

I colossi più innovativi dell’alta tecnologia americana dimostrano che le loro performance sono oggi a prova degli affanni dell’economia globale. Alphabet – la ex Google – Amazon e Microsoft hanno tutte e tre battuto nettamente le attese di bilancio, mettendo in evidenza una crescita e una redditività capace di sostenere le loro valutazioni in Borsa.

Alphabet, forte dell’espansione delle ricerche online via smartphone, ha guadagnato nel dopo mercato il 9%, spingendo le azioni al nuovo record assoluto di 745,75 dollari. Amazon, facendo leva sulla continua espansione dei suoi servizi Internet per riportare a sorpresa utili anzichè perdite, si e’ impennata dell’11% a 623 dollari. Microsoft è balzata del 7% oltre quota 50 dollari sull’onda della diffusione di window 10 e dei suoi successori nel cloud per le aziende.

Alphabet, che vanta una cassaforte con 73 miliardi di dollari di liquidità, ha anche stupito positivamente gli investitori con un piano di riacquisto di azioni proprie da 5,1 miliardi che ha ulteriormente sostenuto le quotazioni. Da gennaio la società comincerà a riportare risultati separati per la divisione “core” raggruppate sotto il marchio Google – motore di ricerca, YouTube e Android – e per le attivita’ piu’ rischiose e meno redditizie che guardano al futuro.

La maggior trasparenza finanziaria in questo modo sposata dal gruppo, ragione della creazione a luglio della nuova holding Alphabet di cui Google è adesso una controllata, e’ stata ad oggi premiata da un rialzo di oltre il 25% dei titoli, abbastanza per una capitalizzazione di mercato che sfiora i 500 miliardi. I profitti trimestrali sono stati di 3,98 miliardi, in rialzo del 45%, pari a 5,73 dollari per azione e a 7,35 quando depurati da alcuni oneri. Gli analisti avevano previsto 7,20. Il fatturato e’ salito del 13% a 18,68 miliardi. Esclusi i pagamenti a società terze per il traffico Internet che le inviano, il giro d’affari è stato di 15,1 miliardi contro i 15,04 attesi. Se poi si escludono gli effetti delle tensioni valutarie le entrate sono lievitate del 21 per cento. La raccolta pubblicitaria online che domina, compreso il segmento mobile, è aumentata ancora: i click pagati sono saliti del 35% e anche considerando un calo nei prezzi medi del 16%.

Amazon sorprende tornando in nero. E i titoli volano nelle contrattazioni after hour, dove arrivano ai massimi storici. L’utile netto si e’ attestato a 79 milioni di dollari a fronte del rosso record dello scorso anno con il flop dello smartphone Fire, che ha costretto Amazon a 170 milioni di dollari di svalutazioni. I ricavi salgono del 23% a 25,4 miliardi di dollari, al di sopra dei 24,9 miliardi di dollari attesi. Per il trimestre in corso Amazon prevede ricavi 33,5-36,75 miliardi di dollari.

La rinvigorita vecchia Microsoft, infine, non ha tradito. L’azienda di Redmond, nel suo primo trimestre fiscale, ha riportato profitti per 4,62 miliardi di dollari, in rialzo dai 4,54 miliardi di un anno prima. Gli utili depurati di alcune voci straordinarie sono stati pari a 67 centesimi per azione contro i 59 centesimi pronosticati dagli analisti. Il giro d’affari e’ stato di 21,7 miliardi, in calo del 12% ma a sua volta migliore dei 21,03 miliardi attesi.

Archiviato in:News Contrassegnato con: Alphabet, Amazon, Borsa, Microsoft, Wall Street

Energica Motor quotata presto in Borsa

29 Ottobre 2015 di admin

L’azienda modenese ha l’obiettivo di porsi come brand leader nel settore delle moto elettriche di alto livello.

L’azienda modenese Energica Motor punta a Piazza Affari ed è destinata a entrare nella realtà borsistica milanese in tempi brevi. E’ un passo importante per la casa costruttrice modenese che ha deciso di compiere un passo decisivo per la ricerca di capitali che consentiranno lo sviluppo del business su scala globale. Energica Motor Company è una società del gruppo modenese Crp e si trasformerà da srl in Società per azioni; punterà sempre sul proprio know how che deriva da Crp, l’azienda da cui è sorta la stessa Energica. La superbike ecologica è stata ideata e prodotta dal Gruppo Crp e costa 18mila euro. Un passo decisivo che dimostra che i sacrifici vengono ripagati.

Attraverso l’Ipo – l’offerta di acquisto – sul segmento Aim Italia, il mercato di Borsa Italiana che è dedicato alle piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita, Energica Motor Company ha l’obiettivo di raccogliere i capitali necessari per accelerare il processo industriale su larga scala: produce superbike elettriche, un tocco di modernità e rispetto per l’ambiente.

L’azienda modenese guidata dai fratelli Livia e Franco Cevolini ha scelto Giancarlo Minardi come consigliere indipendente
, fondatore ed ex amministratore delegato del team Minardi di Formula Uno, oggi rinominato “Scuderia Toro Rosso” da Red Bull energy drink, proprietario dal 2006. Minardi ha seguito molti piloti, passati poi ad altre scuderie sportive e in altri campionati. Giancarlo Fisichella, Fernando Alonso, Mark Webber e Jarno Trulli hanno avuto il loro debutto in Formula Uno proprio con il team “Minardi1”.

«Energica motor company è un’azienda nuova in un mercato molto competitivo – ha dichiarato Livia Cevolini, amministratore delegato della società – Siamo consapevoli che la sfida sarà dura, ma siamo anche convinti che i clienti sono ora più che mai informati e competenti sul prodotto. In tre anni saremo leader del nostro mercato. Ad un solo un mese dall’omologazione abbiamo già venduto 10 moto». Energica Motor Company è nata con l’obiettivo di creare moto elettriche ad elevate prestazioni. Negli ultimi 6 anni Energica Motor Company è stata in grado di progettare e sviluppare internamente moto elettriche ad elevate prestazioni, grazie al know-how del Gruppo CRP. Oggi, dopo numerosi test ed omologazioni, le moto Energica sono in vendita in tutto il mondo ed è una grande soddiafazione per l’economia italiana. Una volta tanto una nota positiva per la nostra economia. L’azienda ha l’obiettivo di porsi come brand leader nel settore delle moto elettriche di alto livello. Una scelta che non si presenta certamente facile, anzi coraggiosa da parte dei fratelli Cevolini se si considera quanto le piccole e medie imprese italiane siano scarsamente abituate ai settori finanziari, a differenza di quanto accade, per esempio, negli Stati Uniti.

Si prevede che Energica presenti entro fine anno la propria offerta pubblica per potere poi ottenere la quotazione borsistica.

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Ferrari arriva di corsa a Wall Street

21 Ottobre 2015 di admin

Un marchio italiano dal futuro raggiante che genererà introiti complessivi per 3,7 miliardi di euro per il Gruppo italo-americano.
Per la quotazione del Cavallino alla Borsa di New York, prevista mercoledì 21 ottobre, ormai i giochi sono praticamente fatti e mancano poche ore alla chiusura del book di prenotazioni per la Rossa.

Secondo gli analisti, e non solo, il Cavallino Rampante avrà un futuro raggiante a Wall Street e, al momento dello scorporo con Fca, genererà introiti complessivi per 3,7 miliardi di euro per il Gruppo italo-americano.
In queste ore l’amministratore delegato del gruppo Sergio Marchionne è tornato a promuovere l’evento del collocamento del 10% di Ferrari alla Borsa statunitense.

“È un grande marchio”, ha detto sottolineando di aver scelto personalmente il simbolo ‘RACÈ (Gara) per la Ferrari a Wall Street. Inizialmente – ha svelato durante un gala a Washington – la scelta era caduta su “Red”, ma “non era disponibile”, ha spiegato Marchionne rassicurando sul fatto che il simbolo sarà compreso da investitori e analisti:

La domanda per le azioni Ferrari è stata da subito molto forte superando ben presto la quota di 18,8 milioni messa in offerta; ora si inizia a scommettere sul possibile rilancio del prezzo.

L’offerta pubblica iniziale vede Ubs nel ruolo di global coordinator e di joint bookrunner insieme a Bank of America Merrill Lynch e Santander Investment Securities. Fonti bancarie vicine al collocamento, sentite dall’agenzia Reuters, riferiscono che “gli incontri con gli investitori sono andati molto bene e c’è una forte richiesta per il titolo. Con una domanda ingente e un’offerta piuttosto limitata, è prevedibile che le azioni andranno esaurite in un baleno.” La quotazione di Ferrari è, invece, da inquadrare nella strategia di Fca, che al momento controlla il 90% del Cavallino, che punta a dismettere l’intera partecipazione a favore degli azionisti, come si evince dal prospetto dell’Ipo.

L’annuncio ufficiale dell’effettivo prezzo di collocamento verrà dato nella serata di martedì 20 ottobre e in molti si attendono una correzione al rialzo rispetto all’attuale forchetta compresa tra 48 e 52 dollari con un ritocco che potrebbe raggiungere anche il 20%. Se così fosse l’Ipo del 10% di Ferrari riuscirebbe a superare la soglia di 1,1 miliardi. Un incasso che aiuterebbe FCA a ridurre l’indebitamento e soprattutto a finanziare il piano di investimenti.

Il 21 ottobre sarà anche la prima delle due giornate del voto dei lavoratori americani di Fca sul nuovo accordo raggiunto con il sindacato americano United Auto Workers (Uaw). Una prima intesa era stata già bocciata dai lavoratori e ora Marchionne appare cauto: “l’ultima volta non è andata come doveva andare, adesso aspettiamo il 21”, spiega sottolineando che lo UAW “sta facendo il necessario per spiegare il contenuto del contratto, che per me è andato anche oltre”.

Secondo le analisi di mercato, una volta che Fca e Ferrari si divideranno gli introiti complessivi arriveranno a 3,7 miliardi di euro per Fca. Ferrari ha chiuso il 2014 con un utile di 265 milioni un giro d’affari di 2,76 miliardi di euro, a fronte di 7.255 vetture consegnate lo scorso anno.

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